Carlo Alianello, L'eredità della priora

Carlo Alianello, L'eredità della priora

Carlo Alianello, L'eredità della priora, Edizioni del Sud 1985, pp. 600

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Vasto affresco degli eventi che si svilupparono nell’Italia meridionale tra il 1861 e il 1862, l’opera rimane la insuperata saga del brigantaggio.
Nata come romanzo ideologicamente orientato a far valere le ragionibdel Sud contro un Nord invasore e conquistatore, L’eredità della Priora, per quel miracolo che è solo della poesia, diventa inevitabilmente romanzo dell’unità nazionale.
Questo romanzo che comincia ad un tavolino del caffè d'Europa, a Toledo, a Napoli, un mattino di primavera del 1861, "come sulla sponda d'un fiume dove passano tutte le acque", e termina esattamente un anno dopo al tavolino d'un piccolo caffè di Civitavecchia "dirimpetto al molo a cui stava ormeggiata la goletta Pirgopolinice'; questo romanzo che si apre con la visione di una bella fìnta polacca che si fa chiamare Katia, mollemente sdraiata sui cuscini di una casa signorilmente equivoca, e finisce con una corsa verso la casa di una bella creola che si chiama Ketty, è il tentativo di raccontare la storia di come fu fatta l'unità del nostro paese, vedendola con gli occhi non dei vincitori, dei "liberali", dei "piemontesi", ma dei vinti, dei borbonici, dei "briganti".
E anche la storia di come nasce la più grande piaga dell'Italia moderna: la questione meridionale. E per una volta il Risorgimento è visto per quel che fu: leggi speciali, lunga, estenuante, feroce operazione di polizia, qualcosa che ricorda la guerra di sterminio. Le questioni affrontate in questo romanzo, dal quale è stata ricavata una sceneggiatura televisiva, sono dunque attualissime. Pietà per i vinti? Passione meridionalistica? Nostalgie borboniche? Alianello rivendica un solo vanto: d'aver fatto, nelle vesti del romanziere, opera di storico. "Non una parola, non un fatto sono inventati..."