I mali dell'emigrazione

I mali dell'emigrazione

Michele Mancino, I mali dell'emigrazione, storia e analisi, cifre e polemiche sulla più grande industria nazionale: la commercializzazione dell'uomo da parte delle classi governanti, Galzerano Editore, 1988, pp. 184.

Maggiori dettagli


8,00 €

1 articolo disponibile

Attenzione: Ultimi articoli in magazzino!

L'emigrazione è stata da sempre l'industria più fiorente del nostro paese. Ancora oggi abbiamo bisogno di esportare alcune centinaia di migliaia di lavoratori che non possono - ma perché non possono? - vivere con la loro famiglia e il loro popolo nella terra in cui sono nati.
Mentre presso altri popoli il ricorso all'emigrazione è un fatto eccezionale e un estremo rimedio per superare crisi passeggere, solo da noi è pratica quotidiana e secolare ed è ritenuta - né più né meno - un fatto naturale e un normale processo sociale nella vita dell'Italia, un paese che molti paragonano ad un'immensa fabbrica di emigranti.
Ma un'industria per essere redditizia deve «rendere», moltiplicare i capitali e la ricchezza... mentre con il lacerante fenomeno dell'emigrazione l'Italia ha irreparabilmente perduto intelligenze attive e forza-lavoro concreta. In cent'anni, per la dissennata politica dei governi, sono stati buttati miliardi di forza-lavoro offerta gratuitamente al padronato straniero causando all'Italia, alla sua economia e al suo sviluppo sociale e civile, ritardi incolmabili e danni incancellabili. L'autore, con sdegno e con dati alla mano, rompendo la secolare congiura del silenzio, smentisce chi sostiene che l'emigrazione arricchisca la nazione che la pratica e la favorisce e dimostra come - mentre per pochi e ristretti gruppi economici è un «affare» - per la nazione e per la collettività è una delle più gravi sciagure e un disastro di incalcolabili proporzioni e dimensioni che le classi dirigenti italiane, nello loro miopia, hanno prodotto, assecondato e sviluppato. La mistificazione dei dati e le spudorate menzogne dei «mercanti dell'uomo» sono solo.servite a far sopravvivere l'emigrazione, che ha degradato e spopolato intere zone (soprattutto meridionali) del paese.
Nelle pagine di questo libro, che é alla seconda edizione, c'è un vibrante atto di accusa per aver dilapidato irresponsabilmente uomini, intelligenze, lavoro e creatività ed emerge una condanna inappellabile nei confronti di una società che non ha saputo e non sa assicurare il pane e il lavoro ad ogni suo componente; una condanna per una società che disperde le migliori energie creatrici, lavorative e produttive perché incapace di creare le condizioni per la loro piena valorizzasione in Italia. E' una società questa che - condannata finanche dalla storia - non può e non deve più durare, perché è necessario portare il lavoro dove sono i lavoratori e non, viceversa, obbligare i lavoratori a spostarsi dove c'è il lavoro.