Domingo il favoloso
Giovanni Arpino, Domingo il favoloso, Einaudi, 1975, pp. 190.
Giovanni Arpino, Domingo il favoloso, Einaudi, 1975, pp. 190.
Nella sulfurea Torino dei nostri giorni, il solitario Domingo, maestro di trucchi e di astuzie, si aggira come un gatto della «mala», fra bische, biliardi, bar e nights, imbastendo con la naturalezza del grande attore truffe colossali. Spavaldo e scontroso, ma già incrinato da stanchezze e brividi di annullamento, questo moderno pìcaro che incarna il male di vivere in anni delusi e incerti, bracca l'occasione d'un «bel gesto» con cui concludere la sua geniale carriera di fuorilegge.
Una sorta di sfida al destino lo porta a rapire una giovanissima zingara, malata d'un morbo incurabile che l'avvolge di continui torpori: Arianna sarà per Domingo - inseguito dai neri vaticini e dalle vendette gitane - un incantato idoletto implume, un simbolo insieme cifrato e trasparente, capace di trasmettergli il «potere» che lui sogna e teme. Gli eroi di Arpino - dal protagonista Domingo ai suoi compari, vittime o compiici in un universo di furbizie e fino all'« eterna fidanzata» Angela, figura d'asciutto risalto - tendono a trasfigurarsi nell'incontro con l'irrazionale e il misterioso. L'abnorme suscitato dal «favoloso» crea pertugi che consentono ai personaggi fuga e rivincita, a costo di duellare con le forze cosmiche e le umane contraddizioni. L'originalità di questo nuovo romanzo d'Arpino consiste nel gioco mobilissimo che si crea tra tensione fantastica e concretezza fisica con cui la «storia» dispone i suoi dettagli avventurosi, i suoi snodi ironici, fulminei, le trappole e i sortilegi: inventando un impasto linguistico improntato dalle durezze lessicali e sintattiche, e dalle metafore d'un dialetto proverbiale.