Piccola borghesia

Piccola borghesia

Ferdinando Russo, Piccola Borghesia, Edizione Bideri, Napoli 1973, pp. 203

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«Io — scrisse il Russo — posso bene riprodurre in un gruppo di sonetti tutta la pretenziosa e imbellettata volgarità dei piccoli borghesi, che in un dialetto a modo loro italianizzato e però grottesco, attinto alle cronache dei giornali e alla chiacchiera dei caffè, discorrono di ogni cosa, infiorando il loro dire di luoghi comuni e di frasi fatte ».

Apparsi in gran parte su II Mattino dal 1902 al 1907, questi sonetti risentono del programma a cui s'informano, che appare equivoco e riduce la satira a una contraffazione mimetica. Staccato peraltro dalle sue nostalgie e dai suoi trasalimenti, il poeta è immerso nella cronaca, nel quotidiano: non più streghe zingare e scugnizzi, non più guappi luciani e paladini, qui è il suo stesso pubblico che entra in scena, consentendo di buon grado la parodia, il quadretto comico e la caricatura a volte incisiva. Guasta però l'intrusione del doppio senso e contribuisce a creare un tono macchiettistico. Tuttavia spesso, e si tratta dei pezzi migliori, fanno capolino la misogenia, l'anticlericalismo, la comprensione per la difficile posizione dei padri; allora il cicaleccio e il doppio senso cedono il posto a frasi comicamente esasperate, a propositi centrati su particolari ridicoli per meglio cogliere la sproporzione tra quanto si è costretti a subire e quanto si può fare per reagire.
La consumata esperienza rende al Russo agevole riprodurre l'ibrido linguaggio proprio della piccola gente sospesa tra il popolo e i ceti ricchi, irresoluta sia verso la lingua sia verso il dialetto; parole dell'una e sintassi dell'altro concorrono a costruire la frase, e già da ciò nasce un tono sbilenco, incerto, un tono che vuole essere distinto ed è semplicemente buffo, infiorato da nonsense colloquiali, da svarioni e da postille pleonastiche. Pure, bordeggiando tra il lazzo e il pettegolezzo, il Russo evita le secche del moralismo piccolo-borghese e si apre in alcune occasioni a quadretti di una certa efficacia, nei quali emerge, nonostante il programma del libro, una nota sinceramente triste.