Paul Rassinier, La menzogna di Ulisse
Paul Rassinier, La menzogna di Ulisse, Graphos, Acqui 1996, pp. 283
Paul Rassinier, La menzogna di Ulisse, Graphos, Acqui 1996, pp. 283
Un certo numero di testimoni hanno fatto, dalla Liberazione in poi, il quadro degli orrori dei campi di concentramento. l'immaginazione del romanziere, gli eccessi di lirismo del poeta, la parzialità interessata del politicante o le zaffate di odio della vittima servono da sfondo, volta a volta o tutti insieme, ai racconti finora pubblicati. Ho pensato, per parte mia, che fosse venuto il momento di spiegare quegli orrori con la penna fredda, disinteressata, obiettiva, al tempo stesso imparziale e spietata, del cronista - anche lui, ahimè, testimone - preoccupato unicamente di ristabilire la verità per gli storici e i sociologi dell'avvenire. Scrivendo La menzogna di Ulisse avevo l'impressione di fare eco a Blanqui, a Proudhon, a Louise Michel, a Guesde, a Vaillant, a Jaurès e di incontrarmi con altri [...] i quali, tutti, hanno posto il problema della repressione e del sistema penitenziario partendo dalle stesse constatazioni e negli stessi termini in cui lo ponevo io, e per questo avevano ricevuto un'accoglienza piena di simpatia dal movimento socialista della loro epoca. [Oggi, invece] coloro che si vantano eredi spirituali dei comunardi, di Jules Guesde e di Jaurès sono stati insensibilmente portati ad avallare una letteratura la quale soffoca i dati elementari del problema della repressione in una cultura dell'orrore basata sul falso storico.
Paul Rassinier