Il sergente Romano pagine di brigantaggio politico in Puglia

Il sergente Romano pagine di brigantaggio politico in Puglia

Mario Guagnano, Il sergente Romano pagine di brigantaggio politico in Puglia, prefazione di Pino Aprile, Edizioni Radio 2013, pp. 160

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Dopo venti anni viene ripubblicato il libro di Mario Guagnano “Il Sergente Romano – Pagine di brigantaggio politico in Puglia” dall’Editore Radio. Questa pubblicazione, preceduta dalla prefazione di Pino Aprile,  si presenta con lo stesso impianto della prima edizione con l’aggiunta di nuovi documenti riguardanti gli ultimi mesi della sua breve ma intensa avventura vissuta in nome dell’ultimo Re di Napoli, Francesco II.
Il libro è diviso in tre parti. La prima si occupa della feroce insurrezione antiunitaria di Gioia del Colle del  28 luglio 1861, fomentata da un forte comitato borbonico qui  installato e ispirato direttamente dai centri reazionari di Napoli e Roma. Dalle amare vicende gioiesi, caratterizzate da un tragico bilancio di vittime e che suscitarono un'impressione vivissima nell’opinione pubblica nazionale, si delinea la figura dell'uomo che sarà il protagonista di nelle pagine successive di questo scritto: l’ex sergente borbonico Pasquale Domenico Romano.

Scampato alla repressione operata a Gioia del Colle  dell’esercito e dalla locale  guardia nazionale, dopo circa un’anno la sua vicenda si svolge nella seconda parte dove il nostro protagonista diviene ormai brigante. Dopo essersi salvato nel corso di un durissimo scontro con la Legione Ungherese che annientò la sua prima comitiva nel teritorio di Montemilone, il Sergente, con gli appellativi di Capitano, Errico La Morte o Franciscano Terribile nel periodo maggio 1862-gennaio 1863, in virtù di una misteriosa investitura ricevuta in una riunione segreta tenuta in una grotta nell'oscuro bosco Pianelle di Martina Franca, diventa il comandante di una formazione di briganti composta da circa duecento uomini. E’ uno dei momenti più importanti della storia del  brigantaggio pugliese, per la prima volta agivano insieme i protagonisti più importanti del movimento: Cosimo Mazzeo Pizzichiccbio di San Marzano, Giuseppe Nicola Laveneziana Il figlio del Re di Carovigno, Antonio Locaso il Capraro di Abriola, Giuseppe Valente Nenna Nenna di Carovigno, Francesco Monaco di Ceglie, Marco De Palo la Sfacciatella di Terlizzi e molti altri. Con questi uomini Romano conduce  una vera e propria guerra contro le forze liberali, sotto il suo comando sono provocati gli assalti ai comuni di Alberobello, Grottaglie, Carovigno ed Erchie. Le comunità che popolavano le campagne attraversate  dai briganti furono sottoposte a dure rappresaglie, costrette da un lato ad ospitare e mantenere il brigantaggio e dall'altro a rispettare gli ordini delle autorità di chiudere le masserie e condurre il bestiame nei paesi. La sensazione che l'Unità d'Italia fosse stata una breve esperienza giunta ormai al suo capolinea era diventata opinione ormai diffusa e radicata nei comuni pugliesi ed in particolare in quelli del Brindisino.
La terza parte narra gli ultimi giorni della sua vicenda. Le autorità militari corrono ai ripari ordinando un forte afflusso in questa parte della Puglia di grossi contingenti di fanteria e cavalleria con il compito di presidiare le contrade battute dagli uomini del Sergente. L'azione dei militari dà subito i risultati sperati. Nel dicembre del 1862, individuata da un reparto di fanteria, la comitiva brigantesca è accerchiata e dispersa mentre era ferma nella masseria dei Monaci di San Domenico nei pressi di Noci. A questa sconfitta segue nel giro di pochi mesi la cattura o la morte di tutti i componenti della banda compreso il Sergente che nel tentativo disperato di aggregarsi alle bande comandate dal noto brigante Carmine Crocco, è più volte intercettato dai cavalleggeri di Saluzzo e dalla guardia nazionale. Queste forze nel gennaio del 1863 lo attaccano provocando la sua morte e l'annientamento definitivo della sua banda nei boschi di Vallata di Gioia. La scomparsa della figura del Sergente coincide con la fine del cosiddetto brigantaggio politico in Puglia. Nel giro di due anni seguì il dissolvimento del più vasto movimento reazionario diffuso in tutto l'ex Regno di Napoli dove l'impiego da parte del Governo Italiano di 120.000 uomini del suo giovane esercito fu il riconoscimento implicito dell'importanza politica e militare del brigantaggio in contrasto con la propaganda ufficiale che dinanzi all'opinione pubblica interna ed estera ne sottolineava i soli aspetti episodici e ladronecci.